Peppino, un’anima ribelle
Pàthos in greco significa «sofferenza». Si tratta di un sostantivo maschile della lingua greca che deriva dal tema verbale πάθ- del verbo πάσχω, «soffrire».
Un sinonimo di sofferenza è "struggimento", quel sentimento che mutila i corpi, incenerendone le anime.
Lo stesso sentimento con il quale ha lottato Felicia Bartolotta, vedova Impastato, coraggiosa combattente della sua stessa vita, padrona di un cuore piangente per molti dei suoi giorni.
Felicia, trascinata all'altare con forza, fu costretta a sposare Luigi Impastato, un matrimonio che lei aveva con tutte le sue forze cercato di evitare non appena fu a conoscenza dei legami che Luigi aveva stretto, e continuava ad alimentare con Cosa Nostra.
Ma, "dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori" poetava De Andrè, infatti, da quel matrimonio nacquero due figli, Giuseppe detto "Peppino" e Giovanni.
Peppino, un'anima ribelle, Giovanni, un uomo dal timido cuore.
Peppino, al seguito dell'attentato che uccise lo zio Cesare Mandella, capomafia di Cinisi, diede inizio ad un'ardita lotta alla mafia.
A ventotto anni, nel 1977, Peppino, audace soldato della giustizia, fonda una radio libera: Radio Aut.
La radio divenne per lui ciò che per un cavaliere è una spada, una sottile lamina di ferro che squarciava in due la paura di quegli uomini le cui idee spargevano sangue per le antiche strade della Sicilia e terrore nei cuori poveri degli uomini e delle donne che vi abitavano.
Peppino legge, urla, scrive che "la mafia è una montagna di merda"; Peppino combatte deponendo le armi di cui si erano avvalsi quegli uomini per molto tempo, e li schernisce con le parole, taglienti ed affilate, che iniziarono a diventare scomode con il passare dei giorni, e dei mesi.
Ma se i mafiosi pensavano che a Peppino bastava qualche sguardo increspato per incutergli paura si sbagliavano.
Peppino alza la voce, urla ancora più forte, fino a perdere il fiato, respira e ricomincia a strillare che "la mafia è veramente una montagna di merda" e non tace, nemmeno a notte fonda.
A lui non fanno paura nemmeno le minacce, nemmeno le pressioni della comunità locale, infatti, nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali.
Avrebbe potuto continuare all'infinito la sua voce, ed il suo esile corpo avrebbe combattuto le più feroci battaglie affinché quell'ombra oscura che usurpava la calda e candida luce del sole siciliano si velasse sotto i piccoli ed infiniti granelli delle coste mediterranee.
Ma, come ormai siamo abituati a conoscere, Peppino si zittisce.
Peppino non fa più nessuno strepito, non urla più che "la mafia è una montagna di merda", Peppino muore ammazzato dai mafiosi, per questo non parla più.
Peppino viene assassinato il 9 maggio, in piena campagna elettorale, su commissione di Gaetano Badalamenti; colpito a morte con un grosso sasso. Ma ai mafiosi non basta avergli strappato la voce, lo devono ridurre in pezzi, devono smembrarne il corpo, lo devono uccidere un’altra volta per assicurarsi che Peppino non parli nemmeno da morto.
Infatti, tentano di far apparire la sua morte come un suicidio, ponendo una carica di tritolo sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia Palermo-Trapani.
Ma Felicia lo sa che suo figlio non si è tolto la vita, Felicia lo sa che suo figlio è uno dei tanti morti ammazzati di una regione debole che si fa forte sporcandosi le mani con il sangue degli altri.
Felicia lo sa, e continua a combattere al posto suo, anche quando la coglie la morte.
di Alice Canzoniero